Da Spotlight a Rock Around the Clock: una riflessione sul concetto di verità.
Dal 21 al 24 febbraio, in Vaticano, è in corso il summit dal titolo: “La protezione dei minori nella Chiesa”. 190 partecipanti dai 5 continenti per un incontro fortemente voluto da papa Francesco, che dall’elezione ha messo molte energie nell’affrontare il tema e gli scandali che mano a mano sono emersi (Irlanda, Australia, Cile su tutti).
Presentando l’evento, il portavoce della Santa Sede, Alessandro Gisotti, ha ripreso le parole del pontefice che aveva ringraziato “quegli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dare voce alle vittime. Anche se si trattasse di un solo caso di abuso – che rappresenta già di per sé una mostruosità – la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità”.
Ieri sera, per tv, su Rai Tre, hanno dunque dato “Il caso Spotlight”, di Tom McCarthy, film che racconta l’inchiesta giornalistica ad opera di un ristretto gruppo di reporter (chiamato, appunto, Spotlight) del Boston Globe, capace di mettere in luce un lungo insabbiamento perpetrato dalla chiesa cattolica e riguardante numerosi atti di pedofilia da parte di circa 70 sacerdoti locali. Il film, presentato fuori concorso a Venezia nel 2015, vinse 2 oscar l’anno dopo: miglior film e migliore sceneggiatura.
Non mi interessa parlare della trama, né dei fatti reali che questo film rappresenta; piuttosto richiamare l’attenzione su alcune riflessioni che si possono fare sul concetto di verità, partendo da quello che filtra dalle parole dei protagonisti. C’è una scena, ormai verso la conclusione del film, che vede riuniti assieme tutti quanti i personaggi principali della redazione del Boston Globe, ed è questa.
In questa scena la frase di Marty Baron, il nuovo direttore e colui che decide di far partire l’indagine, è fin troppo chiara:
A volte è facile dimenticare che per la maggior parte del tempo brancoliamo nel buio. Poi all’improvviso si accende una luce ed ecco una qualche quota di colpa da attribuire a qualcuno.
I fatti c’erano già, i dati erano a portata di mano, un articolo era già stato scritto, e qualcuno aveva già inviato lettere al giornale per denunciare alcuni abusi; ma non c’è stata la luce giusto per vedere, per collegare, per mettere in ordine. In altre parole non era ancora accaduto che qualcuno riuscisse a vedere la storia, a vedere il grumo slegato di fatti, di eventi, con un occhio narrativo.
Quando questo è accaduto – troppo tardi? In tempo? Ha senso chiederlo? – la verità è emersa. Non la verità dell’essere, non la verità di Dio, né quella della realtà in sé. Ciò che è emerso e che traluce nella metafora del “lupo” usata dal pontefice, è la verità da sempre presente nei racconti, dalle prime fiabe alle ultime distopie, la verità narrativa.
Che cos’è questa verità narrativa? Nient’altro che ciò su cui tacitamente ci si intende, come direbbe Greimas. È un atto di fiducia, una scelta che nasce dal, e insieme lo mette costantemente alla prova, legame sociale. Questa verità tiene perché c’è alla base la fiducia del consorzio umano che l’istituzione o l’agenzia di informazione che la sta dicendo/raccontando sia credibile.
Ed è a questo livello che si può intendere un concetto a prima vista assurdo come questo: le vittime degli abusi, prima dell’inchiesta del Boston Globe, non esistevano così come non esistevano celiaci prima che la nostra medicina se ne interessasse a metà del 1800 anche se la sindrome era stata descritta da Areteo di Cappadocia già nel II secolo e denominata “affezione celiaca”. Pur essendoci nel mondo vittime degli abusi e pur essendoci malati di celiachia, prima della loro narrazione non esistevano come verità perché nessuno sapeva leggere ciò che aveva davanti. Soprattutto, prima della loro narrazione (svelamento, se vi piace l’idea), non si davano quelle che Peirce definisce disposizioni ad agire, sottolineando come – in termini pragmatistici – il significato di una cosa si costituisca in relazione all’uomo, non possa cioè venir isolato dal suo rapporto all’agire umano.
È la storia del Boston Globe a creare la verità credibile dei preti pedofili di Boston.
In Sette pezzi d’America. I grandi scandali americani raccontati dai premi Pulitzer, uscito per Minimum Fax nel 2005 e ripubblicato in concomitanza all’uscita del film, nel 2015, trovate gli articoli più significativi del Boston Globe.
Dopo Il caso Spotlight, hanno trasmesso una puntata di I miei vinili, un bel programma – che non conoscevo – condotto da Riccardo Rossi e dedicato, com’è intuibile, al mondo dei dischi, con aneddoti, curiosità, dati e, soprattutto, con le parole e i ricordi dell’ospite in studio. Ieri sera c’era uno che di ricordi e di aneddoti ne ha in quantità e, cosa ancor più importante, li sa raccontare: Giampiero Mughini.
Ha portato alcuni suoi vinili, tra cui una chicca incredibile: un art-work di Mario Schifano in edizione limitata. Il disco da cui sono partiti è Rock around the clock, di Bill Haley and The comets, uno dei brani più importanti per la nascita del Rock’n’roll. Mughini e Rossi hanno parlato di Bill Haley come di una meteora (non proprio una cometa, quindi), che ha sfruttato fortuna e occasione. Anche qui, la verità è nella storia a cui si crede. Certo, Rock around the clock rappresenta uno di quei casi in cui il brano supera per importanza e resistenza (oltre 500 cover da artisti diversi) il suo autore e chi l’ha incisa. Eppure, oltre a questo fatto, a questo dato, c’è una serie di altri punti da unire per avere un’idea chiara del fenomeno. Ci ha provato, secondo me molto bene, Dario salvatori in Rock around the clock, uscito per Donzelli nel 2006.
When the clock strikes twelve we'll cool off then
Start rockin' 'round the clock again.
We're gonna rock around the clock tonight
We're gonna rock, rock, rock, 'till broad daylight
We're gonna rock around the clock tonight.
POST SCRIPTUM
Se ti interessano le grandi inchieste giornalistiche (ma non solo), ti consiglio di leggere:
Aa.Vv., Il corpo e il sangue d’Italia. Otto inchieste da un paese sconosciuto, a cura di Christian Raimo, Minimum Fax, 2007
Se ti piace il rock e vuoi saperne di più, anche per quanto riguarda il nostro paese, potresti leggere:
Marilisa Merolla, Rock'n'Roll italian way. Propaganda americana e modernizzazione nell'Italia che cambia al ritmo del rock 1954-1964, Coniglio, 2011
Alberto Campo, Get back! I giorni del rock, Laterza, 2004
Se infine vuoi accostare il punto di vista semiotico sulla verità, potresti leggere
Anna Maria Lorusso, Postverità, Laterza, 2018
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