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Insert Coin. Spiccioli di storia dei distributori automatici in salsa gialla



Ne Il banchiere assassinato, romanzo giallo di Augusto De Angelis[1], mentre il commissario De Vincenzi sta svolgendo le indagini sull’omicidio di un banchiere e conduce alcuni interrogatori, si legge il seguente dialogo, tra l'inquirente e un giovane scrittore che occupa la mansarda del palazzo in cui il banchiere è stato rinvenuto:


«Perché non mi ha detto che ieri notte è uscito?» chiese di colpo il commissario, fissandolo con acutezza e battendo sopra ogni sillaba.

Il giovane sussultò, si aspettava tutt’altro.

«Che c’entra questo?» disse. «Lei non me lo ha domandato…»

«Invece, io le ho proprio chiesto dove avesse trascorso la notte, dalle ventiquattro all’una».

«Può darsi. Ma non mi sembrava potesse avere molto interesse per lei, sapere che circa all’una ero uscito a fare una passeggiata.»

«Con qualche grado sotto zero e la nebbia?»

«Non avevo più sigarette.»

«Dove si è recato a comperarle?»

«Vede? Neppure questo potrà servirle. Le ho prese dall’automatico, che è di fianco al Duomo, di fronte alla Rinascente. E gli automatici non possono testimoniare!»[2]


L’interrogato fa riferimento a un distributore automatico di sigarette, cioè a un oggetto che è diventato abituale nei nostri giorni, assieme a distributori di altri generi di conforto (alimentari, di giornali, di videocassette e dvd, di medicinali e così via); ma il fatto è che De Angelis ha pubblicato questo suo primo romanzo nel 1935[3] e ammetto che la cosa mi ha subito sorpreso e spinto a chiedermi quando siano stati inventati i distributori automatici e, soprattutto, quando siano stati introdotti in Italia.


Mi sono messo a fare un po’ di ricerche e ho scoperto, con grande sorpresa, che il primo distributore automatico era già a pagamento, erogava acqua santa fuori da un tempio, era stato inventato da Erone d’Alessandria, era del I sec. d.C. Pare che i fedeli abusassero dell'acqua a disposizione fuori dai templi, e si fosse resa necessaria una forma di contenimento. Se volete approfondire, trovate molte notizie interessanti sulle invenzioni di Erone e altri meccanici d’Alessandria a questo link.


L’invenzione di Erone rimase un caso isolato se è vero che bisogna aspettare il XVII secolo per imbattersi in un nuovo distributore automatico, questa volta di tabacco; siamo in Inghilterra e sempre inglese è la vicenda di Richard Carlile (1790-1843), famigerato agitatore politico, sostenitore del suffragio universale e della libertà di stampa. È proprio a quest’ultima che guardiamo per il nostro discorso; Carlile infatti fu anche editore e libraio e tra i molti testi pubblicò nel 1818 l’opera completa di Thomas Paine, che conteneva anche L’età della ragione, libro ispirato al deismo britannico degli inizi del XVIII secolo, che professava il principio di un’indagine razionale libera su tutti i temi, inclusi quelli religiosi, rispetto ai quali Paine critica la religione come istituzione e la pretesa infallibilità biblica. Il libro era mal tollerato, a dir poco, così come il suo autore, costretto a emigrare in Francia e poi in America; Carlile pensò di venderlo grazie proprio a dei distributori automatici di libri, che permettevano anche un certo anonimato all’acquirente. Se restiamo nel mondo dell’editoria ed entro i confini britannici, val la pena ricordare il Penguincubator, un distributore automatico di classici della letteratura venduti al prezzo di un pacchetto di sigarette. A idearlo nel 1937 fu Alan Lane, il fondatore della Penguin Books.


Ma a proposito, e le sigarette, da cui siamo partiti?


Un momento. Prima è utile trasvolare l’Atlantico in compagnia di un certo William Henry Fruen, nato in Inghilterra, nel Wiltshire, ma emigrato nel 1865 negli Stati Uniti, dove morì a Hennepin County, Minnesota, nel 1917.

Il brevetto U.S. Patent 309219 (lo trovate qui), del 16 Dicembre 1884, ci informa che gli viene accreditata l’invenzione della “first coin-operated, automatic, vending machine to dispense liquids”; evidentemente Erone avrebbe dovuto ricordarsi di inventare anche il diritto d’autore. Ad ogni buon conto, tale invenzione rimase senza grande utilizzo commerciale, se è vero che la prima vending machine messa in funzione diffusamente e con profitto negli USA fu, quattro anni dopo, quella di Thomas Adams, fondatore della ditta Adams Gum; evidentemente si trattava di distributori di gomme da masticare (Tuttifrutti) e vennero posizionati sulle piattaforme delle stazioni ferroviarie di New York.




La storia è curiosa. A quanto pare Fruen era un amante della pesca; un giorno, trovandosi con una discreta quantità di pesci pescati, pensò di scavare una fossa per conservarli finché non avesse ripreso la strada di casa e trovò inaspettatamente una sorgente di acqua fresca. Le autorità comunali, alle quali si era rivolto per proporre di rendere disponibile quell’acqua alla popolazione, non lo badarono e dunque decise di mettersi in proprio, inventando un distributore automatico di acqua potabile, al costo di un centesimo.


E insomma, le sigarette? Bene, restiamo in America e facciamo una premessa. Si può dire che le sigarette, così come le intendiamo noi, vendute già assemblate in pacchetti, non esistevano prima del 1884.

Nel 1875 la ditta Allen & Ginter di Richmond, Virginia, mise in palio un premio di 75.000 dollari per una macchina capace di produzione in massa di sigarette, e in grado altresì di superare le esistenti che si assestavano attorno alle 4 sigarette al minuto. Fu un certo James Albert Bonsack che nel 1880, presentò il progetto di una macchina concettualmente innovativa e in grado di realizzare duecento sigarette al minuto. Il brevetto fu depositato nel 1881. La macchina sostituiva il lavoro di quarantotto arrotolatori manuali e significò soprattutto il crollo dei prezzi. Oltre a questo permise di confezionare in pacchetti da 10 o 20 le sigarette fino a quel momento vendute sfuse o a peso. La macchina di Bonsack si diffuse presto in tutto il mondo, Italia compresa. Da lì fu solo questione di migliorarne l’efficienza.



Ma a noi interessa Bonsack e la sua macchina. E interessa parlare di un certo James Buchanan Duke, soprannominato Buck. Ereditò, insieme al fratello Benjamin Newton, l’industria di tabacco del padre e nel 1885 compì la svolta commerciale ottenendo la licenza d’uso della macchina di Bosnack e arrivando a coprire il 40% del mercato statunitense. Mercato che tuttavia era debole, con una domanda inferiore all’offerta che la macchina avrebbe permesso. La sua seconda idea rivoluzionaria fu nell’ambito del Marketing, dove iniziò una campagna pubblicitaria estremamente aggressiva che puntava a diversi obbiettivi. Da un lato, le sigarette erano presentate come più igieniche rispetto ai sigari arrotolati a mano e sigillati con la saliva; dall’altro, erano descritte addirittura come d’aiuto contro la tosse e la tubercolosi. Inoltre, i pacchetti erano accompagnati da grafiche accattivanti e figurine collezionabili. La sua strategia di vendita, unita al modificato clima culturale (la Guerra certo e la cosiddetta Età del jazz) resero le sigarette un oggetto di culto e aiutarono a creare la dipendenza.


Fu su questo fertile terreno commerciale che un giovane canadese di nome William H. Rowe giunse a Los Angeles, dall’Ontario. Qui lavorava come impiegato nella corte della polizia cittadina; pare che nel 1926 abbia costruito il primo distributore di sigarette partendo da un distillatore di whiskey e da una scatola di sigari, entrambi presi dai beni confiscati dalla polizia. Due anni dopo fondò la Rowe Manufacturing Company, Inc., a Los Angeles, per la fabbricazione di distributori automatici di sigarette.


Ci siamo finalmente. Quindi: e l’Italia? Ecco, qui la cosa si fa più ardua. Nei pochi siti in cui si parla dei distributori automatici entro i nostri confini, la storia parte dall’arrivo per la liberazione del paese delle truppe americane e, con esse, del gigante Coca Cola. Dal 1953 iniziano a diffondersi i distributori legati al marchio più famoso del mondo, a Milano, nei luoghi di lavoro, ma è soltanto con l’inizio degli anni 60 che si sviluppa un’industria nostrana.

È la FAEMA (Fabbrica Apparecchiature Elettro-Meccaniche e Affini, fondata nel 1945) a convertire la propria invenzione brevettata nel 1961 per la produzione di caffè espresso per i bar, in un distributore

automatico di caffè. È il 1963, l’anno di inizio di un nuovo e fiorente settore commerciale.


Ma allora, l’interrogatorio di De Vincenzi? È l’archivio Luce a venire in soccorso, con un breve video dell’aprile del 1931, in cui si vedono dei clienti utilizzare uno dei primi distributori di sigarette. Esistevano dunque, e funzionavano bene perché il mercato del fumo, passatemi la battuta, tirava.




La coltivazione del tabacco in Italia era, ai tempi del Fascismo, una delle principali attività agricole, promossa anche nelle colonie africane. Nonostante Mussolini non fumasse e considerasse il fumo come un’attività da deboli, negli anni Trenta e Quaranta almeno il 50% degli uomini fuma (il 2-3% delle donne, invece); fumare in Italia durante il ventennio è insomma assai tollerato. Molto più che scrivere gialli, se è vero che il regime impose nel 1941 il sequestro e la chiusura di tutte le collane poliziesche, compresa la più famosa, quella dei gialli Mondadori (nella quale era uscito lo stesso libro di De Angelis), perché considerato, il giallo, come un prodotto culturale anglosassone e perché, trattando di crimini cruenti, dava l’idea di un disordine sociale che il regime cercava in tutti i modi di negare.


Il fumo fa male, quello negli occhi anche.


Sitografia





[1] Augusto De Angelis nasca a Roma nel 1888. Esordisce nel 1930, con un romanzo ispirato a L’agente segreto di Joseph Conrad, ma è nel 1935 che crea ad un tempo il personaggio del commissario De Vincenzi, della squadra mobile di Milano, e il giallo all’italiana. Arrestato nel 1943 con l’accusa di essere un antifascista e trattenuto in carcere per mesi, nel 1944 si ritira a Bellagio, dove viene pestato a morte da un repubblichino, a seguito di una lite. Sono circa venti i romanzi polizieschi, molti dei quali con protagonista De Vincenzi; inoltre, ha scritto libri di critica letteraria e di storia. [2] Augusto De Angelis, Il banchiere assassinato, Mondadori, Milano 2019, p. 168 [3] De Angelis, se non il primo autore nostrano di gialli, è certo considerato il padre del genere in Italia, sia per la qualità di libri, sia per l’autocoscienza letteraria che aveva. Scrisse ad esempio: “Da noi manca tutto, nella vita reale, per poter congegnare un romanzo poliziesco del tipo americano o inglese: mancano i detectives, mancano i policemen, mancano i gangsters, mancano persino gli ereditieri gracili e i vecchi potenti di danaro e di intrighi disposti a farsi uccidere. Non mancano – sebbene in scala ridotta – pur troppo i delitti. Non mancano le tragedie. Perché non considerare tali ineluttabili fenomeni della vita sociale come materia di vita umana, come materia di indagine artistica? [...] L’essenziale per me è creare un clima. Far vivere al lettore il dramma”, in Augusto De Angelis, Il romanzo giallo: confessioni e meditazioni in Le sette picche doppiate, Sonzogno, 1940

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