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L’Adelphiade - Ovvero: Il buonanno si vede dal mattino. Settimana 3

Come raccontavo qui, l'unico vero proposito per il 2020 è di leggere un Adelphi al giorno, finché ne ho il tempo, finché altre incombenze me lo concedono, finché dura l’entusiasmo.

Ridendo e scherzando sono alla fine della terza settimana, ma ancora non ci sono episodi di nausee, svenimenti, noie varie. Anzi, vivo momenti veri e puri di gioia per gli incontri letterari che mi stanno capitando, così come ventate di profonda nostalgia quando riprendo in mano libri che stavano, nascosti e quieti, in zone non più frequentate con assiduità della libreria e che mi riportano a tempi andati: dell'università, per esempio, quando la Toletta era inciampo non mai evitabile, ristoro sicuro, meta di arrembaggi corsari e fugaci.


L'hashtag social è #unadelphialgiorno.

Ecco com’è andata la terza settimana. Se di qualcosa volete dire, commentate.

Buona lettura.

GIORNO 15


Jorge Luis Borges, Finzioni, Gli Adelphi 473

Forse la più famosa e riuscita raccolta di storie dello scrittore argentino in cui si ritrovano le varie sfaccettature della sua enorme e poliedrica personalità: l'amore per la letteratura e i libri, la passione per le biblioteche, la perizia linguistica mai fine a se stessa e sempre in gioco per spostare un passo più in là il confine del dicibile; la naturalezza di costruzione di mondi fantastici e atmosfere oniriche, l'accoglimento di logiche deliranti; il sogno di una lingua e di un libro totale; il bisogno di mettere sempre in discussione, di modificare il punto di vista, di assumere la posizione dell'altro. Una raccolta di racconti che è insomma un dialogo ininterrotto di un autore con se stesso, con la tradizione, con l'altro.


GIORNO 16

Friedrich Dürrenmatt, La morte della Pizia, PB 216


Può esserci nel nostro tempo ancora qualcosa da dire sul più classico e fecondo dei miti, quello di Edipo? Evidentemente sì, a giudicare dal godibilissimo racconto di Dürrenmatt che riversa la propria tagliente ironia sui vari personaggi chiamati in causa di fronte al lettore, quasi si trattasse di un processo in cui ciascuno è in qualche modo colpevole di qualcosa, a cominciare dai Greci stessi, descritti come ingenui e creduloni da Pannychis XI, la sacerdotessa (=pizia) di Apollo responsabile del famoso vaticinio a un giovanissimo Edipo. In una girandola di confessioni verremo a sapere molto di quello che il mito nasconde o avremo ancora di più conferma che di tutto non si afferma né si nega, al più si accenna.


GIORNO 17


Roger Martin du Gard, Confessione africana, PB 289

Seppure radicato a fondo - e, del resto, fondamentalmente - nella storia umana, l'incesto è sempre più oggetto di allusione che non di narrazione diretta. Martin du Gard, premio nobel nel 1937, lo sceglie come tema di questo delicato racconto scritto nel 1930, pur senza farne né materia per un racconto volutamente scandaloso, né aggancio per solleticare la prurigine del lettore. Du Gard costruisce un testo su un doppio livello in cui ci sono due narratori, amici, dei quali il primo raccoglie la confessione del secondo, protagonista della relazione con la sorella. Una relazione durata quattro anni e poi sospesa a causa del servizio militare del giovane. C'è altro in questa storia che non diciamo, se non che lo sguardo generale sui fatti è quello di chi accoglie le cose senza giudicarle, come se ci fosse un che di inevitabile a volte che trascende il volere e si acquieta alla fine in una sorta di disegno ulteriore. Una lezione da tenere valida anche per chi scrive.


GIORNO 18


Alberto Manguel, Con Borges, PB 528


A un certo punto della sua vita, verso i 55 anni, Borges divenne cieco. Era consapevole da prima di questo destino, che si limitò ad accettare e che non valse certo a modificare la sua dedizione ai libri, alla lettura, che solo dovette cambiare forma di attuazione. Per questo Manguel conobbe Borges. Il primo lavorava di sera, dopo scuola, alla libreria Pigmalion, dove Borges si faceva accompagnare da Doña Leonor, la madre. Lì il grande autore argentino chiese al giovane studente lavoratore se gli avrebbe fatto la cortesia di andare a casa sua, a leggere a voce alta per lui. Alberto Manguel accettò e per quattro anni svolse questa attività, qualche sera a settimana. Il libro offre una deliziosa testimonianza di uno dei più grandi scrittori del Novecento, delle sue abitudini, della sua tempra, dei suoi difetti, tutto filtrato dallo schermo onnipresente delle parole, altrui o proprie, che erano dette, scritte, lette.



GIORNO 19


Giorgio Manganelli, Mammifero italiano, PB 550


Tra le tante altre cose, Manganelli fu un maestro del corsivo, quel genere di articolo giornalistico - differenziato appunto dall'essere stampato nei caratteri inventati dal buon Aldo Manuzio nel sedicesimo secolo - in cui si prende a tema un fatto di attualità, recente o recentissima, o una questione sociale stringente, o un tema culturale e artistico, e se ne fornisce una lettura spesso polemica. Colpisce, in Manganelli, l'essere il primo bersaglio della sua penna: come il titolo chiarisce, è chiara la sua consapevolezza di essere in mezzo come gli altri alla indefinita scala di grigi che separa bianco e nero, bene e male: Ogni pezzo, come ben fa notare Marco Belpoliti nel saggio finale, sembra non iniziare ma concludere un ragionamento che va avanti da tempo nella testa dell'autore, impegnato in un dialogo serrato con se stesso sui temi, grandi o piccoli, di cui dà conto.

I testi qui raccolti uscirono tra il 1972 e il 1989 sul «Corriere della Sera», «L’Espresso», «Il Messaggero», «L’Europeo», «Il Mondo», «La Stampa» e i loro supplementi librari o illustrati.

GIORNO 20


Alfred Polgar, Manuale del critico, PB 455

Alfred Polgar, viennese, fu scrittore eterogeneo. Una delle sue cifre stilistiche principali fu senza dubbio l'ironia, che in questa raccolta di riflessioni critiche teatrali, che spesso assumono la forma dell'aforisma, trava la propria dimora ideale. Si alternano profili di autori contemporanei e classici a recensioni di spettacoli a cui Polgar ha assistito in vari teatri, a pensieri più generali sull'arte, sulla scrittura, sul teatro e sull'essere umano, nei quali spesso ritorna la messa a tema del rapporto tra vita e sua rappresentazione (scenica) e che cosa questa abbia di peculiare e tale da costituirsi come esperienza fondamentale dell'uomo. In italiano è possibile trovare anche una raccolta di racconti, sempre per Adelphi.


GIORNO 21


Emanuele Severino, Oltre il linguaggio, Saggi, Nuova serie, 7


Di Emanuele Severino ho ricordi vividi, di quando insegnava a Venezia, di quando si disponeva al dialogo durante le ore seminariali, di quando ho svolto l'esame di teoretica e delle cose che mi disse e delle difficoltà che avevo a spiegare l'elenchos.

Se penso a dare un volto alla parola maestro (legandole indissolubilmente) penso a Severino.

Ho riletto a distanza di quasi 20 anni questo testo, ritrovando la stessa battaglia aperta allora, la medesima tensione logica, lo stesso lucido sguardo sul destino dell'Occidente.

Il libro si compone di tre parti suddivisa ciascuna in tre capitoli: alla prima, più generale, ne segue una più storica (si parla di Nietzsche, di Gentile, di Spirito) che tocca il culmine del nichilismo dell'Occidente secondo lo sguardo del filosofo di Brescia; l'ultima è quella più centrata sull'importante e ostico tema del linguaggio. Un tema che si fa centrale nella riflessione di Severino il quale, nel tempo, mostra come la testimonianza del destino della verità indichi che la verità splende sempre e che dunque non c'è alcun bisogno di uscire dalla caverna per andarla a incontrare. In questo senso, l'essere oltre il linguaggio rinvia alla parola radicale, quella che parla il Destino e che dunque non è segno, non è interpretazione. Non è volontà.

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