[nòt-te] s.f. (pl. -ti)
Nella mia prima età, quando s’aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s’udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.
Giacomo Leopardi – La sera del dì di festa
Di notte scorrono lente le immagini; a volte sono detriti, altre sono depositi della giornata messi da parte, salvaguardati.
Se arrivano a sera, le immagini sono buone per la memoria. Saranno il pasto caldo delle ore avvenire, quando il sole stingerà i colori e farà, per moto contrario, tutto acerbo.
La notte mi piace. Mi piace d’estate coi profumi di magnolia in fiore, di limoni, coi canti insistenti dei grilli e delle civette (che un tempo, chi sapeva parlare, chiamava suìte, che si scrive come insieme di brani, in francese). Mi piace d’inverno, con l’odore d’aria gelata che mi ghiaccia le nari e Orione che sta sempre lì di guardia. E rassicura.
Anche stavolta il mondo non si è mosso più di tanto.
Mi piace la notte perché svela, se sto attento, il mistero del giorno, il suo frenetico affaccendarsi, l’illusione della comprensione e dello scambio, la beatitudine dei sorrisi forzati, il vivere moderno che ci rende un po’ più beoti, man mano che il tempo ci passa vicino.
Di notte è bello ritrovare ciò che invece non passa, nell’incavo di certi abbracci, nel porsi e riporsi delle domande, nell’ombra lunare che è quieta e micidiale e sta a noi volere saperla schivare.
Ci sono notti in cui è facile anche dileguarsi, darsi alla macchia. Ecco come il nostro cuore, che eternamente vuole la nostra vita, ci permette di vivere sotto brevi interregni di distrazione.
Ci dà tregua, per farci credere alle ombre, al pifferaio di Hamelin, ai fuochi fatui, ai sabba, alle rivoluzioni.
Fino a che tutto torna al posto che gli compete. E soprattutto le voci si fanno udire, distintamente. Ogni voce di notte ha la potenza del canto, la magia della formula, l’incanto del sussurro, il fascino del richiamo. Di notte ogni voce è anche l’urlo straziato di una memoria che non vuole farsi scoprire, e che pure il tuo volto sembra conoscere e guardare da ogni posto nel mondo. Così si dà conto del tempo e, nel tempo, del senso della nostra storia.
La notte è una culla silente che ci spinge a cercare di mettere i piedi per terra.
E ancora attendo.
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